lunedì 15 giugno 2015

Biagio Pancino

La Morte- Biagio Pancino negli anni settanta avvia una riflessione sugli strumenti artistici ed inizia a colorare da prima i propri pennelli, poi gli utensili: spatole, scalpelli, martelli ect., poi i panni della famiglia (vestiti, maglie) che stende all'esterno ed infine colora tutto cio' che incontra.
In questa frenesia dell'Azione a Ginevra organizza un pranzo con tutte le cibarie dipinte solo a condizione che venissero consumate durante la mostra. Questo ottiene un enorme successo. Ed egli da bravo -situazionista- avvia un'ulteriore riflessione fredda sugli strumenti. Non gli interessa tanto qui raccogliere le -reliquie- e venderle, quanto mantenere un distacco culturale dall'arte ed agire sul modo di consumarla, dato che gli strumenti d'uso sono anch'essi prolungamento delle braccia dell'artista, un appendice quindi e che pertanto divengono strumenti di conoscenza con i quali analizzare l'opera-cibo.
Un po' come avviene per il chirurgo che solo tramite il bisturi puo' sondare, puo' indagare il corpo. Ma cio' non lo soddisfa ancora dato che l'artista resta ancora il Demiurgo dell'opera. Egli scopre l'organico e la sua effimera durata nel tempo. E' il 1985 quando lancerà il Manifesto dell'Effimero dove nel consumarsi dell'organico egli trova l'afflato dell'eternità data dal colore che avvolge i -poveri resti organici- e si pone quale momento di luce eterna che si compie da solo nell'Opera senza aiuto dell'Artista Demiurgo e com'era previsto da Duchamp che si compisse sotto l'occhio vigile dello spettatore.
Boris Brollo